Come ampiamente previsto, non sono solo gli eserciti dei paesi occidentali a dotarsi di droni o UAV (Unmanned Aerial Vehicles), da utilizzare sia per scopo di ricognizione che, una volta effettuate le opportune modifiche, anche per sganciare bombe ad una distanza massima di 1000 chilometri dal punto di lancio. Infatti, anche l’Iran, durante il Giorno dell’Industria della Difesa, ha presentato il suo UAV, battezzato Karar.
Il Karar, prodotto in Iran, che il presidente iraniano Ahmadinejad, nella sua consueta e preoccupante enfasi, ha definito un “ambasciatore di morte per i nemici dell’Iran” può essere usato sia come ricognitore grazie alla possibilità di registrare e trasmettere immagini, che come mezzo d’attacco per compiere missioni di bombardamento contro obiettivi di terra.
I missili da crociera di tipo Stealth montati sul Karar possono essere infatti sganciati da varie altezze, e raggiungere l’obiettivo preimpostato. A bordo di ognuno di questi droni è possibile caricare, oltre ad apparecchiature di ricognizione per le missioni non armate, anche quattro missili di questo tipo o, in alternativa, due bombe da 115 chilogrammi ed un missile di precisione da 230 chilogrammi.
Nelle intenzioni del governo iraniano, il Karar dovrebbe agire da deterrente contro eventuali attacchi nemici, in modo da prevenire ogni possibile incursione contro il territorio della Repubblica Islamica. Pertanto, è facile vedere il collegamento con il programma di sviluppo di armamenti nucleari che l’Iran sta portando avanti da alcuni anni.
Grazie a questo aereo senza pilota, il regime degli ayatollah mira a difendersi da eventuali attacchi preventivi (o, sempre nella retorica di Ahmadinejad, “aggressioni”) che possano decapitare tale programma. Tali attacchi preventivi sono in cima all’agenda israeliana ed americana nel caso che l’Iran non rispetti le restrizioni imposte dall’ONU al proprio programma nucleare.