La terra è coperta per quasi il 70% da acqua, quindi ha perfettamente senso voler controllare queste enormi distese marine, nonostante sia un compito davvero difficile da svolgere, in quanto richiederebbe numerosi sforzi umani e costi eccessivamente elevati. Inoltre, il monitoraggio di queste zone non sarebbe mai abbastanza efficace, viste l’enorme estensione dell’area da mettere sotto controllo. Grazie a tecnologie all’avanguardia, però, è oggi possibile una sorveglianza ottimale delle immense distese marine. La Marina degli Stati Uniti, infatti, sta utilizzando dei droni elicottero per dare la caccia ai pirati dei tempi moderni, una piaga che affligge diverse aree del pianeta, soprattutto le coste dell’Africa e dell’Asia.
I pirati dei giorni nostri non sono molto diversi dai loro colleghi del 1700, anche se la tecnologia li ha costretti ad affinare le tecniche di abbordaggio. Le navi maggiormente colpite sono quelle ferme, perché più facili da attaccare e, sebbene diverse imbarcazioni oggi siano dotate di filo spinato elettrificato per difendersi, i pirati sono stati abbastanza scaltri da trovare la soluzione per aggirare queste tecniche di difesa, utilizzando materassi e materiale isolante.
Ecco perché i droni elicottero sperimentati dalla Marina americana possono rivelarsi lo strumento di videosorveglianza aerea ideale per combattere gli attacchi dei pirati. Questi velivoli, noti anche come “Fire Scouts”, sono inoltre dotati di “cervelli elettronici”, che sono in grado di riconoscere automaticamente le piccole imbarcazioni dei pirati grazie ad un sistema laser 3D molto preciso, che, secondo i realizzatori, ridurrebbe il rischio di falsi allarmi.
Ma come funzionano questi droni elicottero? La loro tecnologia, chiamata LIDAR o LADAR, permette di far rimbalzare milioni di impulsi laser su oggetti lontani, fino a creare una immagine in 3D delle imbarcazioni in alto mare. Il software incorporato nel velivolo, poi, è in grado di confrontare le immagini in 3D ottenute ai profili delle barche pirata già registrate in un database. La domanda che viene spontaneo porre, tuttavia, è come faranno a riconoscere i pirati se questi utilizzeranno imbarcazioni di uso comune.
Secondo Ken Heeke, responsabile del progetto, il problema in realtà non esiste, perché una volta che il LADAR invierà le immagini in 3D rilevate, saranno poi operatori umani a verificare di quale tipo di imbarcazione si tratti effettivamente. Questo è, insomma, uno strumento che aiuta l’uomo, ma non lo sostituisce totalmente.