Il contro terrorismo deve allontanarsi dagli approcci militaristici e basarsi su soluzioni incentrate sulle persone, ossia su interventi sostenibili e sensibili alle differenze di genere.
Questo è quanto è stato affermato dalla studiosa pachistana Maleeha Aslam, durante la presentazione, ad Islamabad, organizzata dall’Istituto di Politiche di Sviluppo Sostenibile, del suo ultimo libro “Gender Based Explosions: The Nexus between Muslim Masculinities, Jihadist Islamism and Terrorism”, nel quale la dottoressa cerca di individuare il nesso tra l’esaltazione della mascolinità musulmana, l’islamismo jihadista ed il terrorismo.
Membro del Wolfson College, Cambridge and Fellow Cambridge Commonwealth Society, la dottoressa Aslam vuole sottolineare come la dimensione di genere sia stata sottovalutata nelle ricerche per una soluzione al terrorismo.
“Nelle società musulmane, l’oppressione socio-economica e politica insieme con i costrutti di genere culturalmente idealizzati, hanno condotto gli uomini verso l’islamismo militante e il terrorismo”. Ha sottolineato come le politiche antiterrorismo che coinvolgono la sorveglianza e la schedatura razziale provochi gli uomini musulmani, perché sono un attacco al loro onore e al loro modo di agire nella società. Nel suo studio afferma, inoltre, che l’affiliazione religiosa non ha niente a che vedere con l’offrire sé stessi alla Jihad. In realtà, la maggior parte dei musulmani praticanti è contro gli attacchi kamikaze.
La dottoressa ha continuato poi il suo discorso affermando che l’islamismo jihadista continuerà a crescere enormemente se non si cambierà punto di vista nell’affrontare la questione, se non si capirà che il terrorismo si può combattere solo con strumenti pacifici, sensibili alle differenze di genere.
“È il desiderio dell’uomo di mettere alla prova sé stesso che lo porta alla violenza”, non è quindi, l’affiliazione ad una particolare religione, ma il comportamento egocentrico maschile.
Pertanto, a nulla servirebbero per combattere il terrorismo, secondo il punto di vista della dottoressa Aslam, programmi militari, o soluzioni che comunque fanno uso della violenza. A nulla servirebbero, allora, anche strumenti per la sorveglianza, come le microspie o i localizzatori satellitari, per il monitoraggio dei sospettati, in quanto sono strumenti che non farebbero altro che urtare l’ego dell’uomo musulmano, portandolo ad abbracciare idee estremiste che, magari, diversamente, non avrebbe condiviso.
Il militarismo, quindi, è qualcosa di trasversale, che non riguarda la religione ma l’individuo in sé. Per questo è importante spostare il focus di attenzione dalle ideologie religiose ai comportamenti basati sul genere, che sarebbero gli stessi in diverse parti del mondo e non solo nelle aree musulmane. Infatti la stessa ricercatrice fa notare come nonostante la società americana sia sensibile alle questioni di genere, abbiamo assistito ad un comportamento crudele dei soldati americani verso i prigionieri iracheni.