Le intercettazioni sono già vietate, su Google

Le intercettazioni sono già vietate, su Google

Mentre su giornali, forum e blog si fa un gran parlare della legge sulle intercettazioni che il governo sta tentando di far passare accanto ad altre leggi chiaramente ad personam per difendere gli interessi del premier, nella Rete c’è chi questa legge già la applica, in maniera silenziosa e strisciante, senza però vietare le intercettazioni ambientali o telefoniche in maniera esplicita.

Parliamo di Google, che negli ultimi giorni ha aggiornato la lista delle categorie di articoli che non si possono pubblicizzare tramite il proprio servizio di pubblicità AdWords oltre ai consueti divieti di promuovere materiale pornografico, di incitamento all’odio razziale o alla violenza, o comunque illegale.

Negli ultimi giorni, la sezione italiana del gigante di Mountain View ha inviato un messaggio ad alcuni tra i propri inserzionisti, più precisamente a quelli che producono o vendono microspie, microregistratori, microfoni nascosti, telecamere in miniatura e tutte le attrezzature utilizzate dalle forze dell’ordine o dalle agenzie investigative per le loro indagini contro il crimine, le frodi, lo spionaggio industriale o per i casi di infedeltà coniugale.

Google informa i propri inserzionisti di avere modificato le proprie norme pubblicitarie, non accettando più annunci che promuovano articoli per lo spionaggio o disposizioni per le intercettazioni telefoniche.
Abbiamo già visto come, nel caso della Cina, i programmatori di Big G abbiano fatto buon viso a cattivo gioco lasciando in piedi i filtri imposti dal governo di Pechino, barattando la libertà di accesso alla libera informazione degli internauti cinesi con la propria libertà di accesso al più grande mercato del mondo.

In questo caso, non abbiamo riscontri univoci in tal senso, ma poiché come diceva il Divo Giulio, in Italia “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, non sarebbe inverosimile che la “longa manus” del governo italiano avesse raggiunto Google e quella che è la principale fonte di reddito del motore di ricerca.

Se consideriamo che l’azienda televisiva del Presidente del Consiglio ha fatto causa a YouTube (di proprietà, per l’appunto, di Google) richiedendo i danni per la diffusione di filmati provenienti dalle reti Mediaset, potrebbe non essere fantascienza l’idea di uno “scambio” tra tale causa e il blocco della pubblicità, una misura piccola ed invisibile ma che contribuisce a rendere più difficile la vita non soltanto per chi usa le intercettazioni telefoniche per combattere il crimine, ma anche per chi lavora onestamente in questo campo, producendo le microspie che vengono usate per intercettare.

Insomma, se il Parlamento non approva la legge, c’è sempre un modo per aggirare i fastidiosi lacci e lacciuoli della legalità e ottenere il risultato che tale legge si prefissa: bloccare le intercettazioni.

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