Generalmente, quando si parla di giubbotti antiproiettile, la prima cosa che ci viene in mente non è certamente la comodità. Di solito la protezione ha un prezzo, e spesso tale prezzo si paga in termini di comfort, indossando pesanti armature che ci proteggono da eventuali assalti ma limitano assai i movimenti, aumentando la sudorazione.
In futuro però, tutto questo potrebbe diventare un lontano ricordo grazie ad un progetto di ricerca della University of South Carolina, che potrebbe rendere molto più semplice la vita di chi e’ costretto ad indossare un giubbotto antiproiettile, come soldati, agenti di polizia o personalità a rischio di attentati.
Infatti, gli scienziati hanno preso una normale maglietta, immergendola in una soluzione di carburo di boro, un materiale ceramico estremamente resistente (è il terzo materiale più resistente al mondo) usato nella produzione di giubbotti antiproiettile. Il risultato è una maglietta che somiglia solo a prima vista ad una normale, ma che in realtà costituisce una vera e propria armatura, con il vantaggio rispetto a quest’ultima di essere leggerissima e flessibile.
La maglietta, una volta immersa in questa soluzione, viene messa in un forno e riscaldata, trasformando le fibre di cotone in fibre di carbonio. Tale trasformazione innesca una reazione che produce carburo di boro.
Il tessuto così ottenuto è leggermente più spesso di quello di una normale maglietta, ma è flessibile e può essere piegato facilmente, al contrario dei normali giubbotti antiproiettile usati dalle forze di polizia.
Inoltre, e questo è un dato importante specialmente per i militari impegnati in zone assolate quali ad esempio in Iraq, tale tessuto protegge anche dalle radiazioni ultraviolette. In futuro, militari ed agenti di polizia potrebbero essere sempre protetti, ma muovendosi più liberamente e senza sudare, e questa fibra potrebbe essere utilizzata anche per le armature di mezzi meccanici, molto più leggere di quelle odierne.